sabato 17 settembre 2011

HAI MAI "SENTITO" LA VOCE DI DIO?


Certamente questa domanda susciterà non poche perplessità nella maggior parte dei lettori. Anche coloro che si dicono religiosi infatti, sebbene sappiano perfettamente che esiste un Dio, non immaginerebbero mai che Lui potesse (e desiderasse) parlare direttamente e personalmente all’uomo.
I più si accontentano di una religione, mentre Dio desidera una relazione; molti identificano Dio in un insieme di rituali, mentre Lui è in realtà una Persona viva e reale che vuole parlare con la sua creatura.
Caro amico/a, è proprio così: Dio vuole parlare personalmente alla tua vita.
Il problema fondamentale è che, molto spesso, l’uomo non bada alla voce di Dio.

"Dio parla una volta, e anche due, ma l'uomo non ci bada; parla per via di sogni, di visioni notturne, quando un sonno profondo cade sui mortali, quando sui loro letti essi giacciono assopiti; allora egli apre i loro orecchi e dà loro in segreto degli ammonimenti, per distogliere l'uomo dal suo modo di agire e tenere lontano da lui la superbia; per salvargli l'anima dalla fossa, la vita dalla freccia mortale” (Giobbe 33:14-18)

Questa affermazione è più che mai triste e reale: Dio parla continuamente alla tua vita, ma tu non poni attenzione alla sua voce. Ti ha parlato attraverso la morte di quella persona cara, attraverso una malattia, tramite una circostanza o per mezzo di sogno o di un pensiero, ma tu, probabilmente hai preferito far tacere quella voce che scopriva una verità forse scomoda.


L’UOMO NON CI BADA
Perché l’uomo non bada alla voce di Dio? Le risposte potrebbero essere tante, ma questa riflessione ne prenderà in considerazione solamente sei.

1)      L’uomo non ci bada, perché Dio non si impone.
Il Signore, nel suo amore, ti ha creato con la possibilità di scegliere se ascoltare o meno la sua voce. I mezzi di comunicazione umani studiano ogni strategia per penetrare la mente umana e indurre, anche con l’inganno, a compiere determinate azioni o a comprare particolari prodotti. Dio invece ha scelto di non imporre la sua voce, ma di parlare in modo sommesso e discreto.

2)      L’uomo non ci bada, perché si sente superiore.
“Sono cose del Medioevo” direbbe qualcuno. “Credi ancora a queste sciocchezze?”. Un motivo per cui l’uomo non presta attenzione alla voce di Dio è proprio la sua posizione di presunta superiorità. “Io sono uno studioso, un dirigente, non posso certamente credere a queste cose”. E così il messaggio di Dio, che sembra solo riguardare il futuro, diviene un messaggio “trascurabile” e l’uomo...non ci bada.

3)      L’uomo non ci bada, perché preferisce gli stordimenti alle riflessioni.
Dio parla attraverso le situazioni della vita, anche quelle più difficili, è l’uomo non ci bada perché preferisce coprire il proprio disagio e la propria sofferenza con tutto ciò che permette di non pensare. Droghe, alcool, “sballo”e quant’altro sono ormai le parole chiave di qualsiasi fascia d’età. Eppure Dio ti parla, e la sua voce si può sentire solo se presti attenzione.

4)      L’uomo non ci bada, perché permette ad altri di filtrare il messaggio di Dio.
In uno stato degli USA, un giovane, dopo aver commesso un omicidio, fu condannato dal governatore alla pena di morte. Mentre questo giovane si trovava in prigione, nel braccio della morte, era visitato quotidianamente da diversi “ministri di culto” ed un giorno giunse a dire “Basta, non ne posso più di tutti questi religiosi. Io sto per morire e tutto ciò che offrono sono soltanto parole”. Nel frattempo, grazie all’intercessione della popolazione locale che, attraverso varie manifestazioni chiedeva la sua liberazione, il governatore decise di accordargli la “Grazia”.
Il governatore decise di recarsi personalmente dal giovane in incognito e, vestendosi da prete, giunse al carcere con in mano l’atto di Grazia. Appena il giovane lo vide da lontano cominciò ad urlare: “Mandatelo via! Nono voglio più sentire nessuno che mi parli di Dio!”  e la sua insistenza fu tale che il governatore fu costretto ad andarsene, ed il giovane rifiuto la Grazia che lo avrebbe reso libero.
A volte, nella nostra società, succede qualcosa di simile. L’uomo ha bisogno del vero messaggio di liberazione, concreto e reale, che proviene direttamente dal Signore, ma stanco di sentire le solite quattro chiacchiere dei religiosi, preferisce non badare nemmeno alla voce di Dio stesso.

5)      L’uomo non ci bada, perché è arrabbiato con Dio.
Molto spesso l’uomo non bada alla voce di Dio, perché rigetta il messaggio e l’opera di Colui che considera suo nemico, responsabile diretto di ogni male della vita.
“Perché dovrei stare ad ascoltare la voce di un Dio che mi ha fatto tanto male?”. Il Signore viene visto come un Dio lontano, disinteressato e crudele, quando in realtà sta cercando di parlare al tuo cuore e dimostrarti, con i fatti, che ti ama più di ogni altra cosa.

6)      L’uomo non ci bada, perché non ha tempo.
In ultimo, molti sollevano la “scusa” di non avere tempo per Dio. Il lavoro, i figli, la palestra. Sono troppo giovane, sono troppo vecchio. Non fa per me, ho troppe cose da fare, non mi posso impegnare. Si potrebbe continuare per molto: le scuse davanti alla voce di Dio sono davvero numerose.

                                                      
E SE CI BADA?
Abbiamo valutato cosa spinge l’uomo a non badare alla voce di Dio. E se invece vi prestasse attenzione, cosa succederebbe? Forse starai pensando che tutto questo “non ha senso” perché nella tua vita “Dio non ti ha mai parlato” o “non si è mai interessato veramente di te”; ma tu, ti sei mai preoccupato di sentire davvero la voce di Dio? Hai mai prestato attenzione, con tutto il cuore, a ciò che ha da dirti?
Dio parla con te, anche in questo momento, forse per l’ennesima volta.  Cosa farai?
La Bibbia promette con assoluta certezza (e noi lo possiamo testimoniare) che se un uomo presta attenzione alla voce di Dio la sua vita può venire completamente trasformata. Scompaiono dubbi ed incertezza, sostituiti da una profonda pace, “scocca” una scintilla d’amore verso Colui che prima era visto come un nemico.
Gesù afferma: “Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me” (Ap. 3:20). Anche oggi Gesù Cristo sta bussando alla porta del tuo cuore; ascolterai la sua voce o continuerai a fare finta di niente? Non è sufficiente “ascoltare”, occorre aprire la porta, permettere alla meravigliosa Grazia di Dio di colmare il vuoto del cuore.

All’inizio di questa riflessione abbiamo letto, nel libro di Giobbe, che “Dio parla all’uomo, ma l’uomo non ci bada”, tuttavia, sempre nello stesso libro è anche scritto “Se gli uomini  l'ascoltano, se si sottomettono, finiscono i loro giorni nel benessere, e gli anni loro nella gioia(Giobbe 36:11). Fai la scelta giusta: ascolta la voce di Dio.

Se desideri ricevere maggiori informazioni, contattaci!





(Articolo ispirato ad una predicazione del pastore Cesare Cananzi del 10 settembre 2011)

venerdì 2 settembre 2011

Il "mistero" del secondo comandamento



Tutte le religioni che si dicono cristiane sono concordi nell’affermare l’assoluta importanza dei 10 comandamenti,  e di conseguenza il titolo di questa riflessione potrebbe suscitare non poche perplessità. Effettivamente, in una nazione religiosa come la nostra, ogni pio fedele è assolutamente certo di conoscere, quantomeno a grandi linee, i dieci comandamenti. E probabilmente i più preparati, davanti alla richiesta di enunciare il secondo comandamento, citerebbero con fiera certezza la seguente espressione “Non nominare il nome di Dio invano”.
Tuttavia potrebbe risultare una amara “sorpresa” scoprire che in realtà la loro affermazione è falsa, perché il comandamento citato non è il secondo, bensì il terzo.
E non si tratta di una semplice dimenticanza, quanto piuttosto di un vero è proprio insabbiamento. Il secondo comandamento, infatti, è stato letteralmente “oscurato”.
I 10 comandamenti sono una Legge Morale che Dio stesso ha stabilito per gli uomini, e sono riportati in due passaggi della Bibbia, ed in entrambi esiste un “secondo” comandamento che, stranamente, non viene pronunciato nelle stanze e nelle chiese della religione più diffusa del nostro Paese.


IL SECONDO COMANDAMENTO
Il mistero si infittisce. Per quale motivo oscurare un comandamento che Dio stesso ha dato? E soprattutto, cosa dice questo comandamento?
Entrando in una chiesa evangelica, la prima cosa che colpisce il visitatore è l’assenza di immagini, ciondoli, candele, statue ed altari vari ed eventuali. Entrando in una “chiesa” infatti, siamo abituati a vedere quadri, statue ed altari che ritraggono personaggi del passato, davanti ai quali inginocchiarsi per rivolgere preghiere. Da dove deriva questa diversità nel mondo evangelico? Dal secondo comandamento! I comandamenti si trovano in Esodo 20 e Deuteronomio 5, ed in entrambi i casi al secondo posto troviamo la seguente espressione:

“Non farti scultura, né immagine alcuna delle cose che stanno lassù nel cielo o quaggiù sulla Terra o nelle acque sotto la terra. Non ti prostrare davanti a loro e non li servire” (Esodo 20:4-5, Deuteronomio 5:8-9)

Ecco il secondo comandamento. Dio vieta espressamente e senza possibilità di seconde interpretazioni al suo popolo di farsi immagini di qualsiasi natura e di prostrarsi davanti ad esse.


UN COMANDAMENTO RIPETUTO
Questo comandamento, così palesemente “coperto”, è invece uno dei più pressanti da parte di Dio in tutta la Bibbia. Pochi argomenti sono trattati con la stessa enfasi da parte di Dio, il quale esprime chiaramente la sua forte contrarietà alla pratica di farsi delle immagini sacre e prostrarsi davanti ad esse.
"Non vi farete e non metterete in piedi né idoli, né sculture, né monumenti. Nel vostro paese non rizzerete pietre scolpite per prostrarvi davanti a loro, poiché io sono il SIGNORE vostro Dio.” (Levitico 26:1) Non basterebbero numerose pagine per elencare tutti i riferimenti a questo ordine di Dio, che afferma ancora che coloro che si fanno immagini e le servono “Benché si dichiarino sapienti, son diventati stolti, e hanno mutato la gloria del Dio incorruttibile in immagini simili a quelle dell'uomo corruttibile” (Romani 1:23).
Pregare davanti ad una immagine, non solo è contrario al volere di Dio, ma non potrà porteti nessun beneficio. Geremia afferma che queste statue “sono come spauracchi in un campo di cocomeri, e non parlano; bisogna portarli, perché non possono camminare. Non li temete! perché non possono fare nessun male, e non è in loro potere di far del bene" (Ger. 10:5). Dio da un’ottima descrizione di questa condizione nel Salmo 115: “I loro idoli sono argento e oro, opera delle mani dell'uomo. Hanno bocca e non parlano, hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono, hanno naso e non odorano, hanno mani e non toccano, hanno piedi e non camminano, la loro gola non emette alcun suono. Come loro sono quelli che li fanno, tutti quelli che in essi confidano.”
Anche nel Nuovo Testamento questo concetto viene ribadito, quando Pietro afferma “Essendo dunque discendenza di Dio, non dobbiamo credere che la divinità sia simile a oro, ad argento, o a pietra scolpita dall'arte e dall'immaginazione umana” (Atti 17:29). Insomma, non c’è comandamento più ribadito del secondo.

Sarebbe davvero interessante scoprire cosa farai la prossima volta che entrerai in una “Chiesa” e ti troverai proprio davanti a queste immagini.  Farai finta di niente continuando con la tua religiosità superficiale, o prenderai  in considerazione ciò che Dio vuole veramente da te? Ignorerai anche tu il secondo comandamento?  

Rifletti ancora un istante con le parole del profeta Isaia:


Si tagliano dei cedri, si prendono degli elci, delle querce, si fa la scelta fra gli alberi della foresta, si piantano dei pini che la pioggia fa crescere. Poi tutto questo serve all'uomo per fare fuoco, ed egli ne prende per riscaldarsi, ne accende anche il forno per cuocere il pane; e ne fa pure un dio e lo adora, ne scolpisce un'immagine, davanti alla quale si inginocchia. Ne brucia la metà nel fuoco, con l'altra metà prepara la carne, la fa arrostire, e si sazia. Poi si scalda e dice: "Ah! mi riscaldo, godo a veder questa fiamma!" Con l'avanzo si fa un dio, il suo idolo, gli si prostra davanti, lo adora, lo prega e gli dice: "Salvami, perché tu sei il mio dio!"
Non sanno nulla, non capiscono nulla; hanno impiastrato loro gli occhi perché non vedano, e il cuore perché non comprendano. Nessuno rientra in sé stesso e ha conoscimento e intelletto per dire: "Ne ho bruciato la metà nel fuoco, sui suoi carboni ho fatto cuocere il pane, vi ho arrostito la carne che ho mangiata; con il resto farei un idolo abominevole? Mi inginocchierei davanti a un pezzo di legno?" (Isaia 44:14-19)

giovedì 11 agosto 2011

Perchè dovrei pregare?


Se Dio conosce ogni cosa, quindi anche le mie necessità, per quale motivo dovrei pregare? Per quale motivo dovrei rivolgermi a Dio?
La ragione per cui molte persone si pongono questa domanda sta proprio in una concezione errata della preghiera. Molti infatti considerano la preghiera come un dovere imposto dal Creatore alle Sue creature; l’idea della coercizione rende effettivamente poco attraente questo esercizio spirituale, che invece è il mezzo per eccellenza dell’intimità con Dio.
Questo concetto di preghiera-dovere è una eredità della religione “tradizionale”, che collega la preghiera all’idea di penitenza: tante più preghiere ripeti, tanto più riesci ad ottenere l’attenzione divina. Ecco sorgere quindi, nel tempo, delle “guide alla preghiera”, ognuna corredata da diversi metodo sistematici per recitarne un certo numero. Tutto questo segue un sistema esteriore di adorazione simile a quello dei religiosi contemporanei di Gesù, da Lui esplicitamente condannato. “Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole” (Matteo 6:7).



LA PREGHIERA-AZIONE
Molte persone credono di potere utilizzare la preghiera come “amuleto”, rivolgendosi a Dio solo nel momento in cui ne sentono il bisogno, come se la preghiera costituisse un contentino al Signore, il quale, soddisfatto, interverrà in aiuto. Questa idea della preghiera è assolutamente distorta rispetto a ciò che la Bibbia afferma. Nel Nuovo Testamento è scritto “Non cessate mai di pregare(1 Tessalonicesi 5:17). Questo non significa certamente che un credente debba pregare 24 ore su 24, ma che la vita di un cristiano è vissuta con una attitudine di preghiera, sia nel bene che nel male. Il vero cristiano non prega per convenienza o per necessità, bensì per riconoscimento e adorazione a Dio. Le parole più importanti della preghiera non sono “Signore, ho bisogno di...” o “Signore dammi/fammi/aiutami...”! Piuttosto la preghiera dovrebbe essere qualcosa di spontaneo, di quotidiano e dovrebbe contenere l’adorazione a Dio per quello che Egli è, il ringraziamento per quello che Egli fa, il pentimento per il proprio peccato e le richieste del Suo meraviglioso intervento.

                                                      LA PREGHIERA-DONO
La Bibbia rivela la vera natura della preghiera: un dono fatto da Dio all’uomo. Pregando, il credente può rivolgersi direttamente al suo Creatore e Salvatore. La preghiera non è un momento in cui mendicare aiuto al cospetto della divinità, ma la possibilità per l’uomo di entrare in intimità con Dio, proprio allo stesso modo di quando conversiamo in forma privata con gli amici o le persone che consideriamo intime. Gesù afferma “ma tu, quando preghi, entra nella tua cameretta e, chiusa la porta, rivolgi la preghiera al Padre tuo che è nel segreto” (Matteo 6:6). Tutto il Nuovo Testamento (la seconda parte della Bibbia) è permeato di questa gioiosa realtà della preghiera-dono, dell’adorazione e del ringraziamento al Signore. Non un dovere, ma un privilegio. Nel libro degli Atti (nel Nuovo Testamento) troviamo riportata l’unica preghiera che i primi cristiani elevarono a Dio in una chiesa: è una preghiera spontanea, che non segue schemi prestabiliti, e leggendole anche dopo tanti secoli, possiamo valutarne il profondo sentimento di gratitudine e di certezza che caratterizza ogni parola (Atti 4:24-30).

LA PREGHIERA-CONTATTO
Tra i diversi termini utilizzati nel Nuovo testamento per indicare la preghiera ne ricorrono frequentemente due, i quali esprimono l’idea di “entrare in contatto con Dio”. “...Alzarono concordi la voce a Dio, e dissero...” (Atti 4:24). Questo verso esprime perfettamente tutta l’estemporaneità del contatto vivo tra il credente e Dio, un colloquio diretto, reale ed autentico al quale il Signore risponde sempre: “Dopo che ebbero pregato, il luogo dove erano riuniti tremò e tutti furono ripieni di Spirito Santo...” (Atti 4:31). Il cristiano rende nota la propria richiesta al Signore, ed attende la risposta divina: questo atteggiamento è prima di tutto la certezza della risposta e poi la serena attesa dell’intervento divini. La preghiera non è quindi un “monologo” del credente, ma tra lui e Dio si instaura un contatto intimo e profondo.

Caro amico/a, forse dopo avere letto queste poche righe riconosci che il tuo modo di rivolgerti a Dio non corrisponde esattamente a ciò che Dio desidera. Forse ti rivolgi a Dio per convenienza, solamente quando ne hai bisogno, forse preghi in modo schematico e ripetitivo pensando così di soddisfare la giustizia di Dio o forse preghi in maniera distaccata, senza sentire alcuna risposta da parte di Dio.
Sappi che Dio è un padre meraviglioso e desidera avere una relazione intime e reale con te. Lì dove ti trovi, rivolgiti a Dio con semplicità e sincerità: chiedigli di farsi conoscere nella tua vita; ed anche tu potrai scoprire l’immenso dono della preghiera.



(Liberamente tratto da "A Domanda Risponde", Edizioni ADI-Media, pagg. 181-184)

martedì 2 agosto 2011

Quando la vita cambia in un istante


Mi chiamo Davide, ho 46 anni e sono nato in una famiglia di credenti cristiani evangelici. I miei genitori, fin da piccolo, mi hanno trasmesso buoni e sani insegnamenti basati sulla Bibbia. Frequentavamo assieme le riunioni in chiesa, e Dio non ha mai mancato di benedire la nostra famiglia e di rispondere alle molteplici richieste di intervento.
Finite le scuole, all’età di 19 anni incominciai a lavorare: che gioia essere economicamente autonomo. Poco tempo dopo, in maniera del tutto improvvisa, venne a mancare mio padre all’età di 65 anni; ma la certezza della vita eterna che il nostro amato Redentore dona al credente ci fece superare l’evento umano della morte. Mia madre ed io vivevamo assieme e la nostra vita continuava nel confidare ed amare il nostro Salvatore Gesù Cristo.

LA SVOLTA
Nella serenità cristiana in cui vivevo, avevo anche fatto dei programmi per la mia vita: un percorso di studi, un lavoro, un matrimonio, dei figli, assistere i miei genitori e magari giungere infine a godersi la pensione. Avevo dei propositi impeccabili!
Tuttavia la Bibbia afferma che i pensieri e i piani dell’uomo spesso non corrispondono ai pensieri e ai piani di Dio. I miei programmi, per quanto buoni e sani, ben presto furono del tutto miracolosamente stravolti.
All’età di 25 anni, in una domenica di febbraio, accadde qualcosa che ancora oggi è inspiegabile.
Mentre mi trovavo in un campo di mia proprietà, fui raggiunto da un colpo di arma da fuoco alle vertebre cervicali: in un istante mi trovai a terra paralizzato.
Chiamarono i soccorsi. Sentivo le mie forze venire meno e, comprendendo la gravità dell’accaduto, riuscii a fare solamente una breve preghiera: “Dio, se è giunta la mia ora, rimetto il mio spirito nelle tue mani”. In quei momenti così terribili, provavo nel cuore una estrema serenità che solamente chi ha Dio nel cuore può comprendere. A causa dell’importante emorragia, persi i sensi e mi risvegliai due giorni dopo in ospedale: la misericordia di Dio mi aveva protetto e risparmiato da morte certa!
L’esito dell’accaduto fu inquadrato come paralisi completa dal collo in giù; ero in grado di muovere solamente la testa.

LA MIA VITA OGGI
Concludendo questa mia breve testimonianza, voglio citare un’altra promessa biblica con la quale Dio garantisce testualmente all’uomo che, nella sua infinita grazia, Egli si prende sempre cura dell’orfano e della vedova. E così è stato per noi; mia madre, dopo oltre 20 anni senza marito è rimasta sempre fedele a Dio e ha lasciato questa vita terrena all’età di 87 anni con la serenità, la pace ed il conforto che solamente il Signore concede a chi si affida a Lui.
I miei dieci anni successivi all’incidente si sono articolati in lunghi e dolorosi ricoveri in ospedali e centri di riabilitazione e se non fosse stato esclusivamente per la consolazione e la forza ricevuta da Gesù in quei momenti terribili, oggi non sarei qui a raccontarlo. Non mi sono mai sentito solo e anche alla luce di questo evento disumano non mi sono mai pentito di averlo accettato come mio personale Salvatore.

Oggi posso camminare e Dio mi ha concesso una bella famiglia ed un bambino.



Caro lettore, accetta Gesù nella tua vita come personale Salvatore ed Egli si prenderà cura di te, come lo ha fatto per me e per tutti coloro che lo amano, donandoci la salvezza e la certezza della vita eterna in Lui.

venerdì 29 luglio 2011

LIBERO...O SCHIAVO?


Se qualcuno ti chiedesse in questo momento: “Tu sei libero?” molto probabilmente risponderesti di sì. Effettivamente le libertà di cui godiamo nella nostra società non sono poche; di pensiero, di parola, di religione, ecc, ed il termine schiavitù proietta il nostro immaginario verso capitoli della storia come il maltrattamento dei neri d’America o l’olocausto degli ebrei nei lager nazisti.
Premesso che anche i nostri tempi sono caratterizzati da svariate forme di schiavitù (traffico di clandestini, sfruttamento della prostituzione, ecc) è opportuno sottolineare che la schiavitù è semplicemnte una condizione nella quale non possiamo fare ciò che vorremmo. Ad uno sguardo più attento, esistono in effetti molte schiavitù che possono colpire l’essere umano: droghe, alcool, gioco d’azzardo e vizi sono solamente alcuni esempi. Tra le situazioni delle quali l’uomo non ha il controllo potremmo inserire anche la malattia, nella quale vorremmo stare bene, ma non possiamo o la morte, nella quale vorremmo vivere, ma siamo costretti a lasciare ogni cosa.
Tuttavia, caro amico/a, esiste una schiavitù estremamente più profonda, che ti riguarda in prima persona, dalla quale sgorgano tutte le altre. E’ una schiavitù che coinvolge indistintamente tutti gli esseri umani, quindi anche te.

                                                      LA VERA SCHIAVITU'
Un giorno Gesù disse queste parole, eterne e taglienti: Chi commette il peccato è schiavo del peccato” (Giov. 8:34). Il Figlio di Dio stava letteralmente “mettendo il dito nella piaga” dell’essere umano, insegnando che tutti gli uomini hanno bisogno di essere liberati da una schiavitù antica e moderna: il peccato. Davanti a questa scomoda verità, molti (e forse anche tu) si giustificano con espressioni come “io non sono un peccatore! Questa parola non mi riguarda: non uccido e non rubo”. Il peccato non può certamente essere definito e limitato come “azione illecita”, ma piuttosto come una condizione di separazione da Dio che porta l’uomo ad un modo di pensare, di agire e di vivere in una direzione lontana dal suo amore e dalla sua volontà.
Gli uomini possono anche non voler sentire questo termine, considerandolo antico, ma la schiavitù del peccato fa comunque sentire tutti i suoi effetti: il vuoto nel cuore, la paura, l’incertezza, il bisogno di pace sono solamente alcuni sintomi. Il peccato è annidato nel tuo cuore, ti separa da Dio e ti rende schiavo.
Anche l’apostolo Paolo poteva dire: “Anche noi un tempo eravamo insensati, ribelli, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri...” (Tito 3:3).
Forse cerchi di nascondere questa voce, pensi di essere libero, di fare ciò che ritieni migliore, di avere tutto ciò di cui hai bisogno eppure sai bene, in fondo al tuo cuore, quando sei solo con i tuoi pensieri, di non essere veramente libero.

LA VERA LIBERTA'
Davanti a questa verità, esistono solamente due possibili risposte. Continuare ad ignorare questa condizione di schiavitù, come se nulla fosse, ben consapevoli di ciò che comporta la separazione da Dio, oppure prendere atto della propria condizione e cercare la soluzione: la vera libertà.
Ed è proprio Gesù, che dopo aver messo in luce il problema della schiavitù dell’uomo ad offrire l’unica soluzione efficace: Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (Giov. 8:30).
Oggi Gesù è pronto a liberare la tua vita dal peso del peccato, è pronto a ricostruire un rapporto intimo e reale tra te e Dio, un rapporto dal quale scaturisce pace, gioia e certezza. Lui è pronto... e tu?
Dio ti invita: “voi che siete affaticati ed oppressi venite a me, ed io vi darò riposo” ed ancora “se il Figlio vi fa liberi, voi sarete veramente liberi”. Cosa aspetti?

Lì dove ti trovi, così come sei, rivolgi il tuo “sguardo” verso Gesù Cristo, colui che può e vuole liberare la tua vita dal peccato.
Confessa a lui la tua condizione con tutto te stesso, con sincerità e chiedi a Dio ti perdonarti, di togliere il peccato e di farti gustare la profonda pace che proviene solo dall’essere riconciliato con Lui.
Dio non aspetta altro. Non è arrabbiato con te, non è pronto a giudicarti, ma ti aspetta a braccia aperte e desidera solamente che tu possa...tornare a casa.


mercoledì 13 luglio 2011

Colpa di Dio?



Secondo una buona parte dell’opinione comune, Dio è senza dubbio colpevole di svariate ingiustizie che accadono nel mondo, sia personali che globali.
Non è strano sentire frasi come: “Se Dio mi amasse non mi sarebbe successo questo”, oppure “Dio mi ha fatto soffrire”, o ancora “Se Dio esiste, perché i bambini muoiono di fame?”.
Insomma, disavventure personali, catastrofi globali, malattie, povertà e guerre sono, a detta di molti, colpa di Dio senza alcuna discussione.
Una prima considerazione che si potrebbe fare a questo proposito è la seguente: coloro che sostengono che Dio sia effettivamente il responsabile del male, non dovrebbero quantomeno riconoscere, per onestà e coerenza , che Egli è necessariamente anche l’autore del bene? Dal momento che si accusa Dio anche per insignificanti disavventure quotidiane, come se il Creatore giocasse con l'esistenza dell'uomo, non si dovrebbe quantomeno ringraziarlo della vita stessa, della salute, della famiglia, del lavoro, ecc...? Se davvero Dio gestisce la vita dell'uomo, significa che lo fa nel male...e nel bene. Eppure l’essere umano ha questa innata tendenza: è pronto ad attribuirsi il merito del bene e a scaricare, spesso su Dio, la responsabilità del male...
 
 
IL BARBIERE
Un giorno un uomo si recò da un barbiere.
Il barbiere lo fece accomodare, gli mise la mantellina sulle spalle e cominciò a tagliare i capelli. Come spesso accade, cominciarono a parlare di numerosi argomenti finché il discorso finì sull’argomento “Dio”.
Dio?” rispose il barbiere, “Dio non esiste. Se Dio esistesse non ci sarebbero le guerre. Se Dio esistesse non ci sarebbe la fame. Se Dio esistesse non ci sarebbero le ingiustizie. No, Dio non esiste e se esiste è un Dio crudele”.
L’uomo ascoltava e rifletteva su queste parole quando dalla vetrina del negozio vide passare un mendicate, con la barba incolta, trasandato, con i capelli sporchi e disordinati. D’istinto disse: “I barbieri non esistono!”. A quel punto il barbiere, decisamente stupito da quella affermazione, rispose: “Che significa?
Certo che i barbieri esistono! Io sono un barbiere!
Quell’uomo rispose: “Guarda quel mendicante fuori dalla vetrina del negozio: se i barbieri esistessero, non dovrebbero esserci persone con la barba incolta e i capelli disordinati!” . Il barbiere giustamente rispose: “Ma non è colpa mia: è lui che non viene da me a farsi tagliare i capelli! Se quel mendicante volesse e mi chiedesse aiuto, io lo sistemerei!”. Il cliente quindi rispose: “Lo stesso è con Dio. Il male dell’umanità non proviene da lui, ma dal fatto che l’uomo non Lo considera, anzi cammina esattamente nella strada opposta ai suoi consigli
Questa semplice storia rende perfettamente il concetto: è davvero Dio la causa delle “disgrazie” o forse è la conseguenza naturale del fatto che l’uomo, nella sua ostinatezza, non fa riferimento a Lui?

                                                      DI CHI E’ LA COLPA?
Dio ama profondamente l’uomo, la sua creatura. Proprio a questa ragione gli ha dato dei consigli utili per vivere una vita felice e serena, sia che le cose vadano bene sia nel caso in cui vadano male.
Dio consiglia, ad esempio, di avere cura del proprio corpo o di vivere in buoni rapporti con gli altri.
Si può dire che sia colpa di Dio se un uomo, dopo avere fumato tutta la vita (ben consapevole dei danni che questo arrecasse) sviluppa una malattia polmonare?
O come si potrebbe sostenere che sia colpa di Dio la fame nel mondo, conseguenza naturale di guerre e ingiustizie operate dall’uomo lontano dal Signore?
Se una famiglia si distrugge, possono forse i coniugi prendersela con Dio, quando probabilmente nella loro vita Lui aveva un ruolo assolutamente marginale?
Si potrebbe continuare molto, ma l’essenziale sta nel chiedersi quante delle colpe che imputiamo a Dio siano in realtà conseguenze naturali di scelte operate senza il consiglio del Signore.

Amico/a, oggi Dio ha una proposta da farti. Lui non ti illude: non ti promette che tutto nella vita andrà “come desideri tu”, ma ti assicura, con assoluta certezza, che se tu lo metterai al primo posto della tua vita Lui sarà con te in ogni situazione. E Dio, nella vita di un uomo, fa la differenza. Ricevi Gesù nel tuo cuore, ed imparerai a vedere l’immenso bene che Dio fa per te.

martedì 12 luglio 2011

BREVE PROFILO STORICO DEL MOVIMENTO PENTECOSTALE IN ITALIA



Gli inizi
Le chiese cristiane evangeliche di fede pentecostale non sono una nuova chiesa né una nuova religione; esse infatti si identificano piuttosto nel ritrovato vigore spirituale di una chiesa antica di 2000 anni. Questo fenomeno, descrivibile come una ricerca di aderire ai soli principi della Bibbia e il desiderio di avere la fede e lo zelo della prima chiesa cristiana, ha assunto nel mondo proporzioni inimmaginabili e prende il nome di Risveglio Pentecostale.
Secondo il CENSUR (Centro di Studi sulle Nuove Religioni) il pentecostalismo rappresenta il maggiore movimento di risveglio nella storia del cristianesimo: in meno di un secolo dalla sua origine [...] ha raggiunto la cifra di 470 milioni di fedeli, più di un quinto dei cristiani presenti oggi nel mondo.
Sebbene siano numerosi i  fattori che hanno portato alla nascita del movimento pentecostale, ci limiteremo a dire che questo risveglio religioso conosce la sua origine ufficiale il 1 gennaio 1901, quando Agnese Ozman [foto], una studentessa della Bethel Bible School di Topeka realizzò per prima la veridicità e l’attualità della promessa di Gesù riguardo al battesimo nello Spirito Santo: quella notte infatti, Agnese fu riempita di Spirito Santo e cominciò a parlare in altre lingue, esattamente come successe ai discepoli il giorno di Pentecoste.
Cominciò da allora, all’interno della Scuola Biblica Bethel , un profondo interesse nei confronti della persona dello Spirito Santo.  Il direttore Charles F. Parham, concesse anche ad alcuni studenti afro-americani la possibilità di partecipare alle lezioni nella sua scuola, e tra questi studenti era presente William J. Seymour, un pastore battista, che riconoscendo il fondamento biblico della dottrina del battesimo dello Spirito Santo, aprì un locale di culto a Los Angeles, precisamente al numero 312 della strada chiamata Azusa Street. Questo luogo può essere considerato il punto d’avvio del pentecostalismo.
In quel luogo Dio cominciò a battezzare con lo Spirito Santo e migliaia di persone furono richiamate ad Azusa Street per verificare, di persona, gli eventi che accadevano.

I primi italiani
In quegli anni negli Stati Uniti era presente anche una importante rappresentanza di italiani, emigrati in cerca di fortuna: uno di questi, Luigi Francescon, ricevette il battesimo nello Spirito Santo nell’aprile del 1907. Fu proprio Francescon, insieme a Pietro Ottolini, che predicando nella chiesa presbiteriana italiana di Chicago furono testimoni di un evento che stravolse ulteriormente le loro vite: quel giorno, precisamente il 15 settembre 1907, lo Spirito Santo scese su tutta quella chiesa, e tutti furono riempiti, battezzati e parlavano in altre lingue; Francescon definirà quel giorno come “un giorno di sacra memoria” e “l’indimenticabile 15 settembre”.

                                                      Le prime chiese in Italia
Alcuni italiani, convertiti all’Evangelo, sentirono il desiderio di tornare in patria per condividere e diffondere la potente verità dell’Evangelo. Nel novembre del 1908 Giacomo Lombardi, un emigrato senza alcuna istruzione, giunse in Italia ed evangelizzò un amico di infanzia che abitava a Roma. Si formò un piccolo gruppo di credenti, il quale per circa due anni si riunì presso la casa privata dell’amico romano per lodare Dio e dopo un breve periodo, si costituì in comunità cristiana evangelica pentecostale. Nel 1910 Pietro Ottolini si trasferì in Italia per un periodo di quasi cinque anni. Nello stesso anno egli aprì una chiesa a Milano. Nel 1910 le comunità pentecostali in Italia erano in tutto quattro. Nel 1920 il loro numero salì a quattordici nonostante la prima guerra mondiale. Nel 1930 esistevano 148 chiese e nel 1940 divennero 175. Queste chiese non erano ancora organizzate e i neoconvertiti, provenienti direttamente dal cattolicesimo,  non erano a conoscenza né dell’eredità storica della Riforma né dei precedenti risvegli evangelici; essi ritenevano che, mediante l’Evangelo, si erano congiunti direttamente al cristianesimo dell’era apostolica.

La persecuzione (1930-1945)
Nel 1930 venne poi adottato il nome ufficiale di Congregazione Cristiana Pentecostale. Alessandro Iovino, scrittore, storico e saggista contemporaneo afferma che “la dirigenza fascista, una volta conquistato il potere, cercò di portare a termine il processo di normalizzazione nel Paese. Mussolini intuì che questo sarebbe stato possibile solo stringendo dei legami e un rapporto di reciproco rispetto con un’istituzione ben più radicata nel Paese del regime stesso: la Chiesa Cattolica. L’11 febbraio del 1929 furono perciò siglati i Patti lateranensi tra Mussolini e il cardinale Gasparri, ovvero un trattato, una parte finanziaria e un concordato. Questi benefici di cui godeva la Santa sede fecero in modo che, da parte del clero, venisse considerata inammissibile l’esistenza di altre confessioni religiose”.
Sebbene fosse ancora presente una “Legge sui culti ammessi”, il riconoscimento della Chiesa Cattolica come religione di stato aveva portato, di fatto, a condizioni di esistenza che rendevano difficilissima la vita per gli evangelici.
Sempre Iovino, nella sua relazione “Il movimento pentecostale tra riflessione storica e proiezione teologica” continua la disamina storica fino al momento più acuto della persecuzione, affermando:

Facendo leva sulle posizioni pacifiste dei pentecostali, il clero riuscì a mettere seriamente in difficoltà il loro mondo, che per tali ragioni divenne particolarmente inviso alle autorità fasciste. L’anno 1935 fu per i pentecostali di certo l’annus horribilis. Il 9 aprile fu ufficializzata, da parte del Ministero dell’Interno, l’infamante e discriminatoria circolare n° 600/158, più conosciuta come la “Circolare Buffarini-Guidi” (dal nome del sottosegretario all’Interno che la firmò). Questa circolare fu rivolta ai Prefetti di tutto il territorio nazionale per contrastare e proibire “pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità fisica e psichica della razza”. Una circolare a sfondo sicuramente razziale e discriminatorio che ebbe, nel mondo pentecostale, una delle parti della popolazione più colpita. Ecco come definisce Peyrot quei momenti:

Da quella data, cioè dal 9 aprile 1935, ha inizio la persecuzione contro i pentecostali con arresti, deportazioni, confino e campi di concentramento: nessuno potrà scrivere quella storia che, d’altronde, sembra incredibile ed ha solo riscontro con quella dei primi secoli della Chiesa.

Questo il triste epilogo del periodo della persecuzione nei confronti dei pentecostali. Questo momento è stato definito propriamente dal pastore Francesco Toppi “resistenza pentecostale” (in E Mi Sarete Testimoni).

                                                    Il dopoguerra
L’annullamento in sede giudiziale della Circolare Buffarini-Guidi si ebbe solamente nel 1955. Con grande sorpresa, già nel 1945, ci si accorse che proprio nel periodo della repressione fascista, il quale puntava allo scioglimento delle comunità pentecostali, le chiese pentecostali erano invece aumentate in maniera considerevole. Nel 1947 nacquero così le Assemblee di Dio in Italia, la denominazione più nota e la terza presenza religiosa organizzata in Italia (dopo Chiesa Cattolica e i testimoni di Geova); esse contano nel paese più di mille e cento chiese e centoquarantamila membri. Nel 1988 queste, attraverso le loro rappresentanze hanno stipulato un’ Intesa con lo Stato italiano, trasformata, ai sensi dell’art. 8 della Costituzione repubblicana, nella legge d’esecuzione n. 517/1988.

I nostri giorni
Prendendo sempre in prestito le parole di Iovino, il movimento pentecostale è in vertiginosa crescita nel mondo intero. In base all’attuale ritmo di crescita e ad alcuni calcoli statistici, è presumibile che entro il 2025 i pentecostali arrivino a raggiungere il 50% del totale dei cristiani nel mondo . Questo fenomeno di larga diffusione è dovuto al fatto che, tra credenti di tutto il mondo, cresce il desiderio di una maggiore spiritualità e la voglia di realizzare una diretta e personale esperienza di contatto con Dio, uscire dalla schematicità del formalismo religioso per favorire l’esercizio della fede e dei carismi dello Spirito Santo tra credenti nelle comunità costituite, realizzando concretamente le promesse di Dio. Il movimento pentecostale pur conservando e riproponendo i principi che furono della Riforma ( sola gratia, , sola Scriptura, solus Christus), intende incarnare l’adempimento dell’insegnamento di Gesù Cristo: “… l’Evangelo è annunciato ai poveri” (Mt. 11:5).
Un altro aspetto fondamentale del movimento pentecostale, è che si propone accessibile a tutti: al rigore liturgico (caratteristico della Chiesa Cattolica e delle Chiese Riformate) i pentecostali riconoscono e ricercano la guida dello Spirito Santo rendendo, le loro, riunioni spontanee.

Bibliografia:

-Relazione al convegno "Il movimento pentecostale tra riflessione storica e proiezione teologica", Alessandro Iovino - Aversa (Caserta), 17-18 ottobre 2008 (http://www.cesnur.org/2008/iovino.htm)
-F. Toppi, E mi sarete Testimoni, ADI-Media, Roma 1999